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Sono tornato, cari

Mai barca sopporto’ assenze di visite più a lungo di Senza Parole, quest’inverno.
Torno dopo un periodo che non voglio calcolare, anche se ricordo bene l’ultima volta. Diciamo che farei meglio – a questo punto – a metterla in secca.
Comunque, niente, lei non mi serba rancore, a parte che non trovo le chiavi nello zaino e non mi spiego il perché. Apro con le copie del porto, dentro trovo tutto in ordine, incredibilmente. Giro le chiavi delle batterie, accendo il dovuto sul quadro, poi vado su e giro la chiave del motore. Sento un paio di stantuffi, chiudo. Apro un po’ di gas, riprovo, parte subito, che gli vuoi di’?
Sono qui col mio amico Andrea, che mi ha accompagnato volentieri, le previsioni sono le migliori viste da alcuni lustri ad oggi, quindi si sciolgono presto i lacci e lasciamo in porto vuoto come non mai.
Messa la barca in rotta, con almeno una canna a tentar la sorte, mi attivo per un minimo di cure: lavaggio del pozzetto, per non inzaccherare dentro, e della spiaggetta, proprio perché è la prima cosa che vedi, e la scia di alghe verdi non è proprio bellissima.

Scivoliamo nell’acqua piatta, verso Zannone. Quando siamo a poche miglia, a Sud Ovest compare una linea scura di vento ad increspare il mare, resistiamo un po’ e poi diamo genoa verso l’isola. Al faro spegno il motore, avanzo ancora e poi poggio a costeggiare l’isola, verso Est, in poppa piena, senza niente che disturbi il nostro lento avanzare.
Lambisco gli scogli sommersi che sempre devo localizzare orziamo a girar l’isola, verso Ponza.
È tempo di dare anche randa, sperimentiamo una perfettibile manovra a vela, in virata, ma alla fine ci siamo. Sono più o meno le due, quando valutiamo che, in base ad alcune esigenze strettamente marinaresche (finisce il grattino del parcometro), sia tempo di virar e far rotta sul porto del Circeo. Così facciamo, ora è tutta vela a spianare il mare. Mi mancava.

E poi

Da Le Felci a Palmarola, a vela, risalendo il ponentino, una cosa banale che però mi mancava da troppo tempo, e delle quale ho goduto a fondo. Perfino lasciando al pilota automatico il gusto di farla, sprofondato nella quiete della modalità “vane”, in cui lo si obbliga a mantenere la giusta rotta rispetto al vento. Per troppo tempo non ne ho usufruito, a causa del sensore del vento mal funzionante. Questa è praticamente la prima volta in cui verifico che funziona bene. La prova è che, a mezzo di una virata ancora scelta dalla intelligenza biologica del comandante, mi scodella davanti alla Forcina. Qui ceniamo, dentro, poi usciamo a veder le stelle.
Due si addormentano subito, e le depositiamo in cuccetta. Altre due, una per uno, cadono giuste per esser osservate, con il che presto riarmo tendalino e cappottina e ci rintaniamo in cabina pure noi.
Al mattino, sfruttiamo il fatto di essere già sul posto per non fare assolutamente niente e riposare, poi un minimo di attività balneare e quindi molliamo per girar l’isola. Di la’, il mare è perfino più calmo, la folla non eccessiva e stranamente pacificata. Ancoriamo accanto ai nostri amici sotto lo Scoglio di San Silverio, praticamente in spiaggia. Daniel con Luca e gli altri si organizza per la scalata al santuario, Minu gioca con noi, poi prende e va nuoto in spiaggia da solo, monitorato da una catena solidale di papà di varie barche. Lo raggiungo a riva.
Alla fine, una delle migliori giornate di mare che ricordi, sopratutto un mare prolungatamente calmo e senza onde di passaggio. Rientriamo a Ponza tramite due passaggi sulle secche di Mezzogiorno, ogni passaggio una presa di fondo, la seconda però emozionante, pareva quasi pesce.

Detto, fatto

“Fossi in voi, farei rada a Palmarola” ci dice Valerio, salutandoci.
È pomeriggio, siamo in rada alle Felci, li abbiamo raggiunti per un saluto, loro stanno andando via.
Una congiuntura di fattori irripetibili sta per configurare una notte senza scendere a terra.
Uno, avevamo già deciso di cenare a bordo. Due, i nostri amici stasera non ci sono, loro e i figli vanno a cena a Le Forna. Tre, domani gia s’era detto di vedersi a Palmarola. Quattro, l’abbiamo qui di fronte e c’è un ponentino perfetto per fare due bordi, ho pure il motore del tender gia su. Cinque, e’ San Lorenzo, mi dicono, e ci sono le stelle cadenti. E allora, andiamo!

Partiamo con gol subito

“Hai preso niente, papà?”
“No, Daniel, è solo l’esca che saltella mentre recupero… però a volte capita che proprio mentre recuperi, il pesce viene attirato dal fondo e abbocca… una volta mi è successo, ero in Sardegna, appena girata L’Asinara… recuperavo e un tonno è arrivato dal blu a mangiarmi l’esca e portarla via… poi però si è staccato subito…” “Ehi papà, ma cosa è quello?”
Un ombra sinuosa, nera, stava seguendo la mia testina rossa, a 5 metri da poppa… mi sono fermato subito… l’ha come annusata, poi stava tornando indietro, allora con presenza di spirito ho mollato la frizione e ho ceduto filo, si è trovato l’esca accanto, gli ha staccato un bel morso ed è fuggito. Qui la presenza di spirito, come in Sardegna, mi è mancata… ho ferrato a frizione chiusa e dopo un istante ha rotto. Tutta la scena sotto bordo… senza aver capito cosa potesse essere… così sfrontate, solo le lampughe ho mai visto… però non so.

Siamo arrivati a Ponza, dopo una navigazione contro vento, con mare di ponente e però anche da sud-est, per non farsi mancare nulla. Piano piano, ha girato il vento fino ad un sud-ovest utilizzabile… ora a Frontone regna ponente nella mia mattonella, spesso anche l’orrido Sud altrove. Io con la prua a terra sono di umore migliore, che ci volete fare?

L’insostenibile leggerezza dell’essere

Francesca legge, i maschi sono in visita al relitto, la “Palmarola”, con un breve ma deciso attacco di sirena, ha appena ritirato a bordo i cavi d’ormeggio.
Ho ancorato a riva, qui a Cala Inferno, come fossi un barchino. Tra poco muoveremo per il tradizionale pranzo e bagno a Zannone, che spezza e non impegna la traversata di rientro.
Milan Kundera, mai letto. Francesca cerca qui il seguito di “ Le affinità elettive”, mai letto neanche questo, vedi quanti spunti si possono trovare oltre un nodo, una vela, un pesce.
Come sempre, si parte tesi e si arriva rilassati, su Senza Parole. Mi chiedo se non sia una regola, forse con previsioni di peggioramento non salpo proprio, forse i miei amici devono abituarsi al mezzo galleggiante, non so. Ma venerdì ci siamo mossi nel tardo pomeriggio, da San Felice, con venti poco sufficiente per far prua su Palmarola, e onda confusa da Sud. L’isola non ci ha regalato un buon sonno, la barca si intraversava strana a 90 col vento, e soffriva inevitabile rotolamento laterale del mare. Solo lo stabilirsi di aria da est, all’alba, ci ha permesso una prua più comoda. Che poi era un maestrale che rigirava in cala… roba da pazzi.
Si e’ poi stati bene, invece, stranamente, a Cala del Porto e poi più tardi avanti alle grotte. Uscendo fuori abbiamo notato lo swell da sud-ovest previsto, che riusciva a disturbarci perfino davanti al crollato Arco di Mezzogiorno.
La sera arriviamo a Ponza, ancorando a Frontone per un ultimo bagno. Cala piena, mattonella mia quasi impraticabile, troviamo spazio tra un 38’ comandato da un nonno barbuto pieno di nipoti e un motoscafo. Questo ultimo troppo vicino, ma la mia lunga esperienza nautica riesce ad individuare da alcuni particolari (la forma dei culi delle ragazze stese a prua) l’imminente partenza del naviglio, destinazione pontili.
Così è, l’aperitivo ha luogo in acqua quasi calme, ancora di più la notte. Così dovrebbe essere, sempre.

Il pesce Houdini

Pare che non sia stato il solo a prendere una aguglia imperiale, nei giorni scorsi. Ne convenivo ieri, in una call cross-tirrenica con il Maestro.
Quindi oggi mi sono giocato le mie chance: stessa paratura della scorsa volta. E infatti la toccata arriva, più a terra dell’altra volta, ma il pesce stavolta ignora le pompate successive e mi lascia come sempre negli ultimi anni, a vuoto.
Più in là, la canna parte decisa, mentre sono di sotto… mi avverte PJ. Ferro il pesce, lo vedo saltare, sentenzio aguglia, ma più grossa.
Preparo con calma il pozzetto, levando i cuscini, prendo il raffio, comincio a recuperare… sono a vela, rallento tenendomi in bolina stretta.
Elisabetta si rifiuta di considerare di scendere in plancetta. Emanuel ha paura, Daniel si tiene in piedi sulla tuga.
Quando inizio a vederlo, a tre quarti a sinistra della mia poppa, realizzo che è una lampuga. Bella, 4-5 kg, penso.
Faccio da solo. Avvicino il pesce, in qualche tentativo riesco a infilare il raffio – non molto affilato- nelle branchie e a tirare a bordo il pesce. Lo prendo per le branchie, e, ancora allamato, lo infilo nel gavone solito. Chiedo pure ad Elisabetta di sistemare la canna nel portacanna, dovesse tirarsi via tutto in mare.
Quindi mi spencolo per arrivare a slegare il secchio, in effetti non volevo mettere il piede sopra lo sportello del gavone perché il pesce era mezzo fuori con la coda…. Errore. Volevo pulire un po’… ma non finisco l’operazione, che il pesce con uno sbattere di coda riesce a riaprire lo sportello, slamarsi e, piatto piatto, slittare fuori dal gavone. In un secondo, è a mare, perso nel blu.
Ne ho persi tanti di pesci, anche dalla barca, ma dal gavone, questo è il primo. Mi restano la bella foto fatta da mia moglie e la puzza nelle mani.

Sera e resto

Il Pesce viene occluso alla vista, ripiegato in frigo, poi decido di regalarlo ad Oreste, sommo chef.
Quindi ancoro in rada, non ci sono troppe barche, estraggo il tender e lo gonfio per la nuova stagione. Il motore parte, appendo il pesce fuori, tipo Vecchio e il mare, e con Minu’ approdiamo a Ponza porto.
Sgocciolando sangue, salgo su, Oreste non promette di potermelo cucinare, ma lo prende volentieri. “È più buono del pesce spada”.
Torno a bordo, mi doccio e porto stavolta tutta la famiglia. Shopping forsennato e una cena da Oresteria in cui già non mancava nulla, mi ha visto in extremis ricevere in offerta due tranci di aguglia imperiale, limone, capperi ed aneto. Che onore!
Peraltro confermo che il pesce veramente fresco è sempre un po troppo sodo al dente (caro Walter, questa cosa so che non la condividi).
Daniel è stramazzato di sonno, l’altro si è fatto due ore in traversata, regge meglio l’enforcement si shopping post cena… ma poi raggiungiamo la barca e i piccoli si sistemano docili a poppa.
Notte perfetta, mattina con un po’ di sbattimento -boa, ma siamo tanto pigri da doverci spostare verso le 9 per una colazione con calma.
Tutto secondo il copione standard, eppure capisco che niente è mai scontato, ci sembra un traguardo rifare le stesse cose di sempre.

A.I.

Una toccata, che neanche ero sicuro. Guardo Minu, nella sua classica postazione accanto al fuoribordo. “Papà…” e indica la canna dal lato opposto.
Glielo faccio ripetere, non ci siamo sbagliati in due… è lei, sono loro, prendo la canna in mano e pompo… altra toccata.
Mai avute tutte queste chances… pompo più forte, la aggancio! Ce l’ho, la vedo pure, prima di rallentare. Ho solo il vago dubbio possa essere uno spadino, mi è capitato…
Elisabetta è in cabina, Daniel a prua… convoco tutti, Elisabetta monta il coppo, Daniel mi allaccia la cintura… fin qui tutto più o meno come un equipaggio allenato.

Poi, il disastro… mando giù in plancetta Elisabetta armata di coppo, ma quando vede le misure del pesce, mi si spaventa. L’aguglia aggalla, si affianca alla poppa, ci supera quasi.
Io vorrei che il coppo si posizionasse dietro la sua coda, Elisabetta si allunga e prova, ma manca la mossa e finiamo col manico del coppo tra filo teso e pesce…. Situazione pericolosissima… a cui do fine prendendo il filo in mano e issando a bordo sto metro e mezzo di pesce guizzante.
Il coppo finisce a mare… lascio il timone ad Elisabetta, comandando di non perderlo di vista.
Ma il pesce si dibatte tra tuna door e pozzetto, sanguinando ovunque. Una remora si stacca e finisce sotto il pagliolo. Tutti gridano, a cominciare da Minu, tutti vorrebbero che il mostro tornasse in mare… tranne me.
Alla fine riesco a legare la coda, infilo la testa nel gavone del pesce e blocco così la storia. Eli ha perso la visuale del coppo, ma Daniel lo trova, è vicino, al primo giro mi protendo a lato da poppa e lo branco. Evviva! Niente è perduto, anzi.
Dai. Il primo weekend vero della stagione inizia bene.

Ho ancora una barca

(Era dal 1 novembre, mi pare)

Altro groppo



Foto ore 1,29, scattata a Lucia Rosa, Ponza.
Poi il vento è entrato, ho letto fino a 34, da Nord – Nord Ovest, ha alzato onda, ha piovuto. Sarei anche rimasto, ma ero troppo vicino a quello dietro. Ora Chiaia di Luna, levante sui 18 nodi, onda lunga da SW, però presa bene di poppa. Forse riuscirò a dormire?